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E poi, solo il deserto e il cielo (spot EWF JDC VS DSC, tanto per farvi fare il paragone...)

Ultimo Aggiornamento: 25/10/2006 15:38
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24/10/2006 20:36
 
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Deserto del Nevada.
Un solitario migrante viaggiatore si trova a peregrinare per l’assolata radura che gli si para davanti. Non c’è assolutamente nulla di fronte a lui, dietro di lui, né alla destra né alla sinistra.
Ogni tanto incrocia qualche sporadico cactus, impossibile da abbattere per poterne così prelevare il dissetante liquido che contiene. La camminata dell’uomo è stanca ed affannata, il vento gli sferza la lunga tunica bianca che lo ricopre interamente, lasciando leggermente scoperti solamente gli occhi, leggermente socchiusi per evitare il fastidioso tintinnare dei granelli di sabbia che si alzano. Nonostante il vento, però, la temperatura è praticamente torrida, il caldo probabilmente farebbe salire la temperatura del termometro fin sopra i 35°, accompagnati ad un alto tasso di umidità. La brezza presente sembra quasi bloccare qualche secondo l’errante viaggiatore, che cade a terra in ginocchio, mentre il suo volto, rimasto scoperto, viene solleticato dal soffio del deserto. Le sue labbra si seccano ed un rantolio di tosse gli fuoriesce dalla bocca. Non fa però caso a questo piccolo imprevisto di percorso, prende perciò dalla cintola la sua borraccia e si disseta con un goccio d’acqua, tiepida da far schifo, ma dal sapore esaltato dalla sete provata da costui. Si ricopre il volto, ripone al suo posto la borraccia e continua nel suo cammino. Sembra non avere alcuna meta, cammina esclusivamente dritto davanti a se, senza seguire alcun sentiero, scansando gli ostacoli che gli si parano davanti aggirandoli. Continuò così per varie ore, finchè non calò la notte. Rare sono le persone che la notte riescono a sopravvivere al freddo gelido del deserto senza le dovute protezioni, ancor più rare quelle che riescono a sopravvivere all’escursione termica che avviene, spesso sopra i 40°. Eppure il mattino seguente l’uomo si trovava ancora a camminare, in una eterna sfida col paesaggio che lo circondava, fino a quando questo non finì, e improvvisamente si trovò catapultato in una bianca radura, dall’aspetto candido e soffice. Vista da innumerevoli metri dall’alto poteva sembrare quasi un deserto di neve, ma agli occhi del viaggiatore appariva come quella che era, ovvero una sterminata prateria adornata da un niveo prato dalle foglie pure ed illibate.
L’erba era molto alta, tanto che gli strusciava il vestito all’altezza delle ginocchia, ogni sua movenza causava un fruscio che spezzava l’assordante silenzio, e la timida rugiada si insinuava tra la stoffa del bianco abito, che permetteva al pellegrino di mimetizzarsi alla perfezione con l’ambiente. Un pastello cielo azzurro metteva la firma al tutto, creando un irreale quanto splendido paesaggio, che sembrava uscito da Alice nel paese delle meraviglie per quanto assurdo questo potesse essere.
Il tizio continuò a camminare, sembrò proseguire nella sua avanzata per mesi e mesi, quando in realtà passarono solamente alcuni lenti, interminabili secondi. Si avvicinava sempre più all’orizzonte, irraggiungibile come un bel sogno, ma mai come oggi alla sua portata. Alzò la testa, e si accorse che proprio nel fatidico orizzonte era spuntato un sole al tramonto, che riscaldava il paesaggio dando una tinta a metà tra il rosato e l’arancio a tutto ciò che lo circondava, cambiando di netto i colori e le atmosfere di quella prateria. Eppure lui non si fermò a guardare il paesaggio, né si riposò per qualche secondo cosicché potesse riprendere energie, ma continuò. L’erba intorno a lui si tinse color rosso sangue, lo stesso accadde col cielo e di conseguenza con tutto ciò che lo circondava, che cambiò senza alcun motivo apparente in un corridoio, illuminato dalla sola luce di un allarme. Questa risplendeva ad intermittenza, accompagnata da un fastidioso rumore che doveva incutere timore ed intimare i presenti a scappare. In lontananza si udivano delle voci, che però sovente sparivano per lasciare spazio al rumore dei passi dell’uomo, che sembra instoppabile. Passò indifferente di fronte le numerose porta aperte, che lasciavano intravedere delle scalinate che lo avrebbero portato ad una salvezza sicura da non si sa quale minaccia, ma dopo un tragitto di lunghezza non indifferente fu costretto a fermarsi. Dinanzi a lui infatti un muro sbarrava la sua passeggiata, costringendolo dunque a girarsi e fare dietrofront, ove il panorama cambiò nuovamente. Rivolse i suoi occhi verso l’alto, sopra quel sole così avido di territori che voleva illuminare tutto ciò che si trovasse sotto di lui, per poi rendersi conto che intorno a lui erano presenti solo il deserto e il cielo.
Tornò sui suoi passi, continuò la sua avanzata sicuro che i precedenti furono solo miraggi atti a metterlo alla prova, ma col passare dei secondi il terreno sotto di lui si fece flaccido e molliccio. Sabbie mobili. Non poteva più scamparla, eppure orgogliosamente continuò nella sua avanzata fin quando non cadde definitivamente in un baratro senza via d’uscita. Si rialzò, probabilmente sorpreso di trovare un ulteriore strada sotto quella malefica trappola naturale. Il sentiero di fronte a lui era adesso indefinito e buio, l’unica cosa illuminata era semplicemente il terreno sottostante, a quadri bianchi e neri come quelli di una scacchiera. L’andatura procedeva senza ulteriori intoppi, fino a che una caviglia non cedette al viaggiatore errante, costringendolo ad accasciarsi. Ai suoi piedi, uno scorpione. Probabilmente una puntura all’altezza della gamba, che però non era stata sufficiente a farlo demordere. Si rialzò e stoicamente proseguì, finchè ai suoi piedi miriadi di animaletti non lo circondarono. Iniziarono a salirgli lungo la tunica fino a ricoprirlo interamente, per poi svanire nel nulla, senza lasciare alcuna traccia né alcun danno.
L’uomo proseguì la sua camminata, affondando le sue scarpe nella soffice sabbia che calpestava. Alzò lo sguardo. Era arrivato alla sua meta. Di fronte a se aveva un angelo, che però una volta mostratosi lo baciò prima di sparire nel nulla. Era soddisfatto ora, aveva raggiunto il suo obiettivo. Niente era riuscito a fermarlo, nemmeno dei letali scorpioni color corvino.
Raggiunto il suo scopo, non gli rimaneva che osservare tutto ciò che lo circondava, tra cui i mobili della sua stanza e le porte della sua camera, per poi tornare nel contorto mondo della sua mente. Dove albergava il tutto e il nulla. Dove la realtà si confondeva al trascendente. Dove qualunque cosa sarebbe potuta accadere in un viaggio tanto bello quanto difficoltoso, da superare sconfiggendo una proiezione di una delle sue paure, lo scorpione.
E poi rimase solo il deserto e il cielo.
25/10/2006 14:54
 
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Mi manda insieme la vista solo guardandolo [SM=g27827]:
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25/10/2006 15:38
 
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l'ho scritto senza toppi fronzoli relativi all'impaginazione, mi sono basato su uno stile puramente descrittivo, senza troppe pretese. spero di aver fatto bene. [SM=g27823]
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