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Fear and Pain

Ultimo Aggiornamento: 29/08/2006 22:36
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29/08/2006 14:23
 
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Fu così che, senza motivo, mi ritrovai nel buio più nero. Ricordo con nausea il tanfo ripugnante che impregnava l’aria e tutto intorno a me. Non a caso, la prima cosa che feci là dentro fu vomitare. Indossavo delle strane vesti, una specie di saio, molto ruvido, un pezzo di tela con un buco per la testa. Non sapevo dov’ero, come potevo essere finito lì o perché. Non vedevo nulla perciò incominciai a muovermi con le braccia tese in avanti, brancolando goffamente. Feci solo qualche piccolo passo, non più di due metri e le mie mani incontrarono una parete. Era umida, fredda. Cercai qualcosa, un indizio che potesse rivelarmi la natura di quel luogo. Muovendomi verso destra, lentamente, arrivai ad un’altra parete, poi ad un'altra. Infine sentì una porta, gelida e massiccia. Si distingueva chiaramente al tatto poiché doveva essere di metallo, a differenza delle pareti, che erano di muratura ruvida. Non aveva maniglie, né lucchetti, né serrature ed era chiusa. Dovevo quindi trovarmi in una sorta di stanza chiusa, molto piccola e cubica, con un perimetro quadrato di circa tre metri per tre, senza finestre o qualsiasi altra fonte di luce. Anche il soffitto era molto basso, me n’accorsi semplicemente sollevando un braccio. Quell’orribile odore ti entrava nelle viscere, nella pelle, e prudeva insopportabilmente.

Incredulo e smarrito, incominciai, nella situazione più inspiegabile, a cercare una spiegazione. Ricorsi alla ragione per mantenere la calma e il controllo sull’assurdità di ciò che mi stava accadendo. Nulla che fosse minimamente razionale poteva però giustificare la mia presenza in quel luogo angusto. Cercavo in tutti i modi di allontanare l’angoscia che lenta si insinuava nella mia mente. Non poteva certo essere un sogno, perché ero completamente sveglio prima di finire lì dentro. Sedevo tranquillamente sulla mia poltrona, in salotto. Stavo leggendo un libro, questo lo ricordavo bene. Sfogliavo le pagine davanti ad un caldo e confortevole caminetto acceso. Poi dal nulla, quella puzza, quel buio opprimente, quella veste. Ciò che più m’inquietava era proprio quel saio. Me lo sentivo addosso pur non vedendolo. Non mi apparteneva, certo, e poi, poco prima di finire in quella orribile stanza, indossavo dei pantaloni e una vecchia camicia. Era tutto troppo reale per essere solo un sogno.

Dopo lo sconcerto iniziale per quell’assurda situazione, nel mio animo incominciò a serpeggiare la paura. Dapprima inquietudine, poi un brivido lungo la schiena e, infine, terrore. Battei sulla porta di metallo più colpi, a due mani, con tutta la forza che avevo in corpo. Ma nulla. Non produssi effetto, neanche un piccolo rumore. Provai ad urlare. Ancora niente, nessun suono, nessuna vibrazione. Stavo urlando, ma non mi sentivo, non sentivo la mia voce. Qualsiasi cosa io facessi, lì dentro non produceva rumore. Non vedevo, non sentivo.
Ero scalzo, sotto i miei piedi avvertivo qualcosa di stranamente morbido rispetto al resto della struttura. C’era dell’acqua sul pavimento. L’aria cominciava a mancarmi, respiravo con affanno e il mio battito cardiaco era notevolmente accelerato. Fui preso da vertigini forse causate dall’orribile odore e dall’aria malsana. Mi girava la testa e, nel buio più totale, senza riferimenti, era una sensazione decisamente terribile. Caddi in ginocchio. Provai ad urlare ancora, ma niente da fare. Solo silenzio.

Percepivo le pareti e il soffitto intorno a me, così vicini, così opprimenti. Non tentai nemmeno di forzare la porta, perché priva di maniglie e serrature. Non mi chiedevo neppure cosa ci fosse, al di là di quella porta. L’umidità delle pareti mi fece per un attimo pensare che la stanza dovesse trovarsi nelle profondità della terra, ma erano solo supposizioni, infondate e dettate dalla paura. Nulla sapevo e nulla potevo pensare.
Urlavo e battevo disperatamente i pugni sulle pareti e sul soffitto, ma senza risultato. Correvo da una parte all’altra della stanza in preda al panico. Continuavo a non sentire nulla, solo un sibilo leggero e fastidioso di sottofondo. Non sapevo da dove provenisse ma lo udivo chiaramente. Incominciai a sentirmi stanco, debole, così mi sedetti, appoggiando le spalle alla parete. Di fronte a me, la porta. Non la vedevo, ma c’era.
Stetti fermo per qualche interminabile minuto nel buio. Il sibilo aumentò d’intensità, diventò assordante, la testa mi scoppiava, mi portai le mani alle orecchie.
Poi accadde.

La porta di fronte a me incominciò ad aprirsi, lentamente. Dall’esterno entrava nella stanza una luce che aumentava d’intensità, man mano che la porta si apriva. Passò qualche istante. Non sentivo alcun rumore a parte il sibilo che si era fatto insopportabilmente acuto. La luce diventò accecante, dolorosa, non riuscivo a guardarla. Dovetti chiudere gli occhi. Anche se avessi voluto fuggire ora che la porta era completamente aperta, non ce l’avrei fatta a causa di quel terribile bagliore che quasi mi paralizzava, inchiodandomi al muro. Mi alzai in piedi. Il sibilo mi stava uccidendo e, certamente, doveva essere solo nella mia testa perché, anche se mi tappavo le orecchie, non accennava a variare d’intensità. Improvvisamente la luce si affievolì. Pensai che era giunto finalmente il momento di uscirmene da quell’inferno.
Aprii gli occhi.

Mi è impossibile descrivere il terrore che provai nel vedere quell’ombra che smorzava, con la sua presenza, l’intensità della luce. La vedevo distintamente. Non aveva forma umana, neanche lontanamente. Niente braccia, né gambe, niente testa. Non assomigliava ad alcun essere terreno di cui avessi avuto esperienza. Assomigliava piuttosto ad una strana figura geometrica, indefinita, dai contorni sfumati, che sembravano modificarsi in continuazione. Per un attimo, mi sembrò quasi non avere una dimensione spaziale precisa. Stava lì, immobile, sulla porta. Io riuscivo a vederla senza difficoltà, poiché la luce filtrava molto più sopportabile e perfino il sibilo era attenuato. Stetti fermo, paralizzato dal terrore, per qualche istante. Non so come, ma mi sentivo osservato, sapevo dentro di me che quell'ombra poteva vedermi, mi stava fissando sebbene nulla potesse far pensare che avesse degli occhi, o qualsiasi altro organo di senso riconducibile alla natura umana o, in ogni caso, animale. Trovai il coraggio di dire qualcosa, ma, come al solito, non produssi alcun suono.

La figura avanzò ed entrò nella stanza. Io indietreggiai e finii con le spalle al muro. Era molto più umido di prima, adesso era bagnato e sopra vi scorreva dell’acqua. Poi la porta lentamente si chiuse. La luce si affievolì, piano, piano. Ed ecco il buio, un’altra volta. Il sibilo sparì del tutto. Silenzio. Ero sordo, cieco, in una stanza buia, con qualcosa che non riuscivo nemmeno a definire.

Da subito si verificò un fatto inspiegabile. Sebbene fino a quel momento non avessi sentito alcun suono, ora percepivo distintamente qualcosa provenire dall’oscurità di fronte a me. Era come se il nuovo ospite stesse respirando, ed io lo sentivo, chiaramente. D’altra parte però, non udivo il mio respiro che si era fatto affannoso, scomposto, incontrollabile. Soffocavo. Cercai inutilmente di lamentarmi, di emettere qualche verso, ma sentivo solo quel respiro, nient’altro.

Non accade nulla. Stavo fermo, immobile, con le spalle al muro. L’ombra che prima avevo visto sulla porta non si muoveva, si limitava a respirare.
Con terrore capii che mi poteva vedere nell’oscurità. Lo capii quando mossi un braccio, portandomi una mano nei capelli. Durante il mio movimento, infatti, il respiro cessò di colpo e fu sostituito da uno strano verso, irriproducibile e tanto meno descrivibile. A quest’inquietante mutamento ritornai subito immobile e il respirare ricominciò, con costanza. Poi mossi un piede di qualche centimetro. Il respiro cessò di nuovo. Ci fu ancora una volta quel verso. Tornai immobile. Di nuovo il respiro.

Sprofondai nella disperazione più totale, volevo piangere, parlavo con me stesso, con quella cosa, ma niente, non sentivo niente. Urlai in silenzio, caddi in ginocchio battendo i polsi al suolo, il verso aumentò d’intensità, ma non successe niente oltre questo. Avrei preferito morire piuttosto che rimanere lì con quella presenza nell’oscurità che non accennava minimamente a muoversi. Era insopportabile. Non respiravo più, stavo per svenire. Incominciai a piangere e per la disperazione decisi di avvicinarmi al mio ospite, di farla finita. Se doveva accadere qualcosa volevo fosse il più presto possibile. Così presi a camminare verso la porta. Un passo. Ci fu quel verso, io esitai. Due passi. Il verso si tramutò in respiro, sempre più vicino. Il cuore mi batteva ad una velocità impressionante e mi stupì di non svenire. Chiusi gli occhi. Alzi le braccia, ben tese davanti a me. Sentivo uno strano calore sulle mani. Tre passi. Il respiro si faceva sempre più vicino, ma niente versi questa volta. Adesso, il calore arrivava ai gomiti. Quattro passi. Il respiro era sempre più intenso, lo sentivo a un centimetro dal mio viso. Ero tutto avvolto dal calore. Sudavo, tremavo. Tutta la stanza intorno a me sudava, dalle pareti ormai cadevano cascate d’acqua. Il cuore mi scoppiava. Il sibilo ricominciò ancora più forte di prima.
Nel buio, dal nulla, intravidi un libro.
Ormai stavo bruciando e il respiro era nella mia testa. Girai pagina.
Ed eccomi, di nuovo in salotto, davanti al caminetto, con un paio di pantaloni e una vecchia camicia non so bene cosa successe ma so che qualunque cosa fosse non era niente di buono decisi di dormirci sopra il giorno dopo mi era passato tutto anche se mi sentivo abbastanza strano…
Sembrava che era tornato tutto come era prima, è cioè: IL BUIO
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